Il vecchio e noto proverbio « l’unione fa la forza » forma la base, anzi l’ essenza di una società qualunque. Perchè si istituirono le Famiglie Cooperative, perchè la Casse rurali nel nostro Trentino ? Niente per altro che per aiutare il popolo nei suoi molteplici bisogni. A ciò fare era necessario che il singolo individuo si associasse ad altri con vincoli legali, non potendo solo aiutarsi da sè. Vennero quindi una, due, cinquanta, cento associazioni popolari tutte allo scopo unico di aiutare il povero popolo sfruttato da tanti furbi, perchè si trovava isolato e quindi imbelle alla difesa. Affinchè poi l’unione maggiormente si consolidasse, ecco subito l’idea di unire le cooperative in un centro, legale anche questo, e tendente anche questo, solo al maggior bene delle rispettive società e quindi del popolo alle medesime aggregato, Da ciò nacque ben presto la nostra Federazione delle Casse rurali e dei Sodalizii cooperativi con sede in Trento. La sua nascita venne salutata con giubilo da tutti i nostri cooperatori trentini uniti di mente e di cuore, animati dal desiderio di voler il bene del nostro popolo senza sottintesi. Si cominciò a lavorare nello spirito solidale uno per tutti, tutti per uno, e sempre sulla base di quel giusto ed equo sistema che si prese dal Raiffeisen ; sistema che, tanto sulle rive del Reno ove nacque, come ovunque venne praticato, segnalò i più prosperi trionfi. Era quindi lecito sperare che esito eguale avremmo ottenuto anche noi trentini; e molto più facilmente perchè, pur troppo rara oasi in Europa, noi tutti d’una fede, siamo pure tutti d’una lingua, d’un costume e d’una patria. Era d’uopo che nei nostri statuti si dovesse fare qualche eccezione tra i nostri fratelli? Sì; ma quale? quella richiesta dal principio che ci univa, quella concernente quegli individui che più che all’ unione, cercassero la disunione, più che al bene del popolo volessero il proprio bene, i propri interessi. Quindi non si andò noi a creare qualifiche a provare le quali le Direzioni sociali ed i consigli di sindacato non saranno mai giudici competenti 1), ma si volle quelle, che le nostre direzioni e le nostre assemblee potessero conoscere facilmente e competentemente, qualifiche che il nostro popolo cattolico, sempre giusto nel classificare, riassume nell’unica parola di galantuomo. Dunque galantuomini a tutta prova volemmo i nostri soci, e tali ancor più quelli che fossero chiamati a capitanare le piccole squadre cooperative, o che vi prestassero la loro opera in qualsiasi modo. Limitando a questa sola le eccezioni, nacquero numerose le società, spontanea ne venne la Federazione, e il vantaggio del popolo fu palese.

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1) Abbiamo dovuto cestinare una corrispondenza, nella quale si riportava il verbale di una sessione di direzione e di sindacato colla discussione sulla cattolicità o meno di un nuovo socio, perché l’egregio corrispondente entrò in un campo soggettivo e con frasi un po’ troppo aspre, contro chi vuol dare un altro indirizzo alla cooperazione.

Ma gli amici del bene trovarono sempre delle opposizioni e dei nemici. Nemici loro sono quelli che non amano il bene, ma vogliono il male; di costoro però non parliamo, perchè appunto contro di loro è diretta la nostra esistenza, e la nostra opera. Ma nemici del bene, forse senza volerlo, sono anche coloro che vorrebbero sempre l’ottimo, ed è precisamente da costoro che la nostra Federazione e le nostre società federate vengono ora osteggiate in tanti modi più o meno palesi.

Le prime avvisaglie seguirono quando si trattò di istituire l’ultima opera federale, la cassa centrale che con un nome che si distinguesse da altre simili istituzioni si volle chiamare « Banco di S. Vigilio ». Allora si udì chiaramente che ad alcuni non andavano a sangue le nostre istituzioni, perchè mancava loro l’appellazione esplicita di « cattoliche », e non v’ erano paragrafi che accennassero a questa qualifica per i soci che vi prendessero parte. I nostri vecchi cooperatori che ci conoscevano e sapevano il perchè del nostro lavorare in cooperazione, restarono più che persuasi delle ragioni esposte da noi in proposito, e si conchiuse che fra i cattolici trentini che desiderano entrare nei nostri sodalizi, si stesse fermi a scegliere quelli che il nostro popolo cattolico battezza per galantuomini, e del resto si camminasse per la nostra via senza accogliere le nuove frasi degli amanti dell’ottimo. E perciò noi, come ci siamo incamminati per la gran via della cooperazione, così speriamo, coll’aiuto di Dio, di continuare nella medesima, senza piegare a destra od a sinistra, fiduciosi di arrivare alla meta desiata, ed unica, il vero bene del nostro popolo trentino.

Si tornò di poi all’assalto e si stampò: che se le nostre cooperative non diventassero cattoliche ne seguirà che se queste contassero anche 100,000 soci, quando non si abbia badato a volere in esse oltre al nome anche l’essenza, si ridurranno alle minime proporzioni, ogni qualvolta i cattolici avessero bisogno di loro nella vita religioso-politica-pubblica 1).

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1) Un’ altra corrispondenza ci si mandò in relazione a queste dichiarazioni, che non ammettono dubbio sulla differenza fra gli scopi nostri e i loro, ma ci restò sul tavolo, nella speranza di poterla cestinare coll’approvazione dell’autore stesso, che più volte ci disse: andiamo noi per la nostra strada, e buon viaggio a chi ne segue un’altra.

In questi ultimi momenti poi si ripeterono le critiche all’ indirizzo dei preposti alla direzione federale: riportando male interpretate le loro dichiarazioni, che non ammettono dubbio sui loro sentimenti schiettamente cattolici, e sui loro intenti ispirati ai veri principi della cooperazione, che vogliono assolutamente esclusa ogni intromettenza politica. Il fare delle oziose polemiche, o peggio il cercare di ribattere accuse che si condannano da sè, non è affare nostro; il tempo è denaro, e quindi ci contentiamo di esplicitamente dichiarare che noi vogliamo fatti e non parole; fatti per aiutare veramente il popolo, non parole che lo scandalizzino o lo dividano.

Conchiudiamo dunque, e la conclusione sia per noi e per i nostri amici cooperatori: Stiamo fermi alle prescrizioni provvide e giuste dei nostri statuti; lavoriamo uniti e volonterosi come in quel dì che entrammo nel movimento provvidenziale della cooperazione rurale; schiettamente e senza secondi fini 2); diamoci calda di amor fraterno quella mano in fede che è nostra divisa; si volga la sguardo fidenti alla nostra Federazione, che studia tutti i modi e procura tutti i mezzi possibili perchè nella presente lotta per la vita sbarchiamo alla meglio il lunario. Se l’unione fa la forza e nella forza sta la vittoria, siamo certi di restare vincitori.

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2) E così la intendevano i nostri primi e benemeriti propagatori del sistema Reiffeisen, come l’egregio nostro cooperatore e collega D. S. L. prima, e il carissimo Don Mentore poi, quando scrivevano sugli Almanacchi del Consiglio provinciale di agricoltura, fino dall’anno 1884. Essi, che studiarono a fondo i bisogni del Trentino, accettarono l’idea Reiffeiseniana, sebbene Raiffeisen fosse un protestante, ed avesse istituita la sua prima cassa nella città di Flammersfeld, di popolazione mista di cattolici e protestanti.

Soggetto produttore:“Supplemento al Bollettino C.P.A.”, n. 15, anno 1897, 15 novembre, pp. 250-251
Data:15/11/1897
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