Un grazie di cuore a Domine lddio, carissimi lettori, che sani e salvi siamo arrivati a S. Silvestro del 1895 non solo, ma stiamo pure cominciando un altro anno, quello 1896!

Sia desso ancora più del passato prospero e felice per tutti noi e ricolmo d’ogni sorta di benedizioni celesti e terrestri, de rore coeli et pinguedine terrae.

Affine di realizzare questo augurio cordiale che faccio a voi tutti, lettori ed amici carissimi, verrò anche quest’anno ad esporvi alcun che di pratico sulla Cooperazione rurale, mio tema prediletto, ed in modo speciale vi enumererò le felici conseguenze che possono aversi dall’impianto della Cassa rurale in una Parrocchia, in un Comune. Ne avrei millanta delle cose da dirvi in proposito, ma per non annoiarvi, mi limiterò solo alle principali; eccomi quindi con voi.

Le casse rurali.

L’utilità veramente prodigiosa che portano direttamente queste provvide istituzioni popolari e cristiane, si capisce a colpo occhio da chi ne esamina il loro scopo, ch’è quello di migliorare sotto aspetto morale o materiale le condizioni dei propri soci, offerendo loro il mezzo migliore per avere all’occorrenza il denaro necessario ai loro affari e per la loro economia rurale, e favorendo il risparmio.

Due fini diretti ha quindi la Cassa rurale; il prestito, ed il risparmio. Il primo si fa con una semplice obbligazione a due firme con bollo della I scala fino alla durata di quattro anni e con un interesse mai superiore all’1 ½ da quello che la Cassa dà pei depositi, e senz’altre spese di sorta, senza aspettare tanti giorni dalla domanda del prestito alla sua concessione, potendosi ciò fare benissimo entro le 24 ore trovandosi sempre in loco i membri della Direzione.

Anche il pagamento si può facilitare colla rifusione a spizzico e con qualunque acconto che sorpassi la corona; modo questo di pagare debiti anche per coloro, che non avranno mai importi grossi, ossia in una volta sola quell’importo che ebbero preso a mutuo dalla Cassa.

La moralità della Cassa rurale poi, oltre a promuoversi nei proprii soci, i quali la devono già avere alla loro entrata, vien promossa generalmente in paese col favorire il risparmio. Quanti dei nostri contadini, e possiam dirlo di noi tutti, tenendo il denaro in saccoccia vanno a rischio di vederlo consumato in cose non solo non necessarie, ma ancora di capriccio o peggio; mentre invece avendo in paese la Cassa rurale, con tutta facilità lo si può metter là al sicuro, anzi con lucro? Quanti denari non raccoglie la Cassa rurale dalle mani dei chiericucci che servono la S. Messa, chè altrimenti sono destinati, dopo averli pesti col sassetto, al primo fruttaiuolo, che capita sulla piazza del paese? quanti denari passano dalle saccoccie dei piccoli famigli, o delle servette agli scrigni della Cassa, che altrimenti si consumano malamente nella pipa o vanamente in piccole pompe donnesche? Dai piccoli fate gran passo agli adulti, e tosto vi salterà a buona vista quanta economia sta per suscitare in un paese la Cassa rurale e con lei la moralità.

Ma lasciamo di parlare dei vantaggi diretti, che sta per portare la nostra Cassa rurale, vantaggi ripetuti più e più volte sia nell’Almanacco, sia nel Bollettino di questo Consiglio prov. d’Agricoltura, e nei giornali del paese, e veniamo invece a parlare
un po’ più di proposito sui vantaggi indiretti della medesima.

La Famiglia Cooperativa.

Questa forma di cooperazione tanto prediletta e che entrò accolta a braccia aperte nelle nostre valli trentine, e che anzi nei più dei luoghi precedette la Cassa rurale, dovrebb’essere una delle conseguenze prime della Cassa rurale. Una Famiglia cooperativa già fino dal suo impianto ha bisogno di denari e molti denari, se si vuole farne un buon impianto, ed assicurarne un felice sviluppo. Ora se esiste la Cassa rurale in paese, questa dopo il suo primo anno di esercizio può essere in istato di somministrare alla Famiglia cooperativa tutto quel denaro che le abbisognasse per fare gli acquisti a contanti e così godere i non indifferenti procenti sulla compera. Non essendovi la Cassa rurale in loco, per avere i denari bisognerà cercarli o presso i privati, o presso le Banche cooperative o presso le Casse di risparmio delle Città o comperare in credenza, con quanta più briga e con quanta più spesa, lo può dire chi ne fece la prova. Che la Famiglia cooperativa debba essere una felice conseguenza della Cassa rurale, si capisce anche dal fatto, che si verifica ogni momento da noi, cioè che ove già esiste la Famiglia cooperativa, si sente urgente bisogno di impiantare anche la Cassa rurale, e con ciò si tenta di rimediare alla troppa fretta che si ebbe col far andare innanzi la conseguenza alla premessa. – Il vostro D. Mentore, che va ogni dì invecchiando in queste faccende, non mancò di ripetervelo a mille guise: prima la Cassa rurale e poi la Famiglia cooperativa, e ciò per la gran ragione che l’argent fait tout, e il denaro può darlo in quantità ed a buon tasso sempre, o almeno quasi sempre, la Cassa rurale.

Osservate alla prova. Creto impiantò prima la Famiglia cooperativa, e tosto si sentì spinto a far nascere la Cassa rurale, così Canal S. Bovo, così Saone, così Tuenno, così ora sta facendo Pinzolo ed altri luoghi. Invece a Fiavè si fecero le cose in tutta regola. Si voleva anche là ad ogni costo una Famiglia cooperativa, ma Don Mentore fece il sordo, e vi impiantò invece una Cassa rurale. Dopo tre mesi di attività della Cassa, i denari affluivano per incanto, e la quantità dei depositi superava di gran lunga quella dei prestiti. Come si fa a farli fruttare? Investirli in carte di Stato? Si accumulano e fruttano per lo Stato; passarli alle Casse di Risparmio, si accumulano e fruttano per le opere cittadine. Don Mentore è un po’ campanilista, cioè vuole che i denari del paese fruttino pel paese, ed ecco allora farsi vivo anche colla Famiglia cooperativa, e questa ora vive e prospera senza le solite peripezie sotto l’egida della Cassa rurale. La Famiglia cooperativa di Fiavè non conosce, o meglio ha ancora in bianco il libro corrente coi negozianti, perché entro la quindicina, è tutto saldato.

Si osservino le sue situazioni mensili ch’essa va pubblicando sul Bollettino del Consiglio d’Agricoltura, ed ognuno se ne può persuadere a cifre parlanti. Dunque una prima conseguenza della Cassa rurale sarà la Famiglia cooperativa.

La Cantina sociale.

Nei paesi viticoli da poco tempo in quà, ben sussidiate dal governo, si fecero vive alcune cantine sociali, destinate a raccogliere l’uva dei soci rispettivi per farne vino per lo smercio; specialmente in quelle annate, nelle quali il graspato non segna prezzi rimuneratori. Bellissime istituzioni che dovrebbero moltiplicarsi là dove il dolce umor dalla vite cola! Ma la difficoltà dell’impianto sarà sempre anzitutto la mancanza di denaro in loco, e quindi siamo al sicuterat; senza denaro non si fa nulla. Le Cantine esistenti dovettero assumere forti prestiti altrove; se invece nel paese si farà precedere l’istituzione della Cassa rurale, questa sola in breve tempo sarà capace di somministrare alla Cantina sociale tutto quel denaro che sarà necessario nella sua azienda.

A mezzo dei conti correnti tra la Cassa rurale e la Cantina sociale si farà affluire il denaro da quella in questa non solo, ma sibbene anche ai soci stessi della Cantina, i quali troveranno nella Cassa rurale sempre aperti gli sportelli per gli acconti sull’ uva passata alla Cantina sociale. In una parola la Cassa rurale diventa la parte amministratrice e il cassiere di queste istituzioni nate sotto il suo patrocinio, che con tale tutela non possono a meno di prosperare in un lungo avvenire. Ecco una seconda felice conseguenza della Cassa rurale, la Cantina sociale.

Società di Caseificio e Pastoreccia.

Dove non attecchisce e frutta la vite, abbiamo altri cespiti d’entrata non indifferenti e primo, nelle zone alpine, ci si presenta la pastoreccia coi suoi allevamenti e prodotti caseari.

La Cassa rurale è chiamata in bel modo ad aiutare anche in questa faccenda sia colle antecipazioni in denaro per le provviste casalinghe, finché diventa maturo l’allevamento delle stalle, sia pure col rimpiazzare qualche posto vuoto di bovini che a caso si verificasse tra l’anno. Quanti p. e. avrebbero il pabulo per svernare una vacca e non la possono avere perchè mancano loro i marenghi per comperarla? Ecco la Cassa rurale esibirsi volentieri per tale bisogna, e con sommo vantaggio del popolano sussidiato in questo modo, giacchè l’interesse che si pagherà da lui alla Cassa rurale gli sarà rifuso ad oltranza col latte o coll’allievo prodotto dalla vacca comperata, e il capitale, se non verrà duplicato, sicuramente sarà aumentato colla premura che userà nel custodire quell’unica o quelle poche mucche che tiene in stalla.

Altro modo poi assai utile presenterà la Cassa rurale per la miglior confezione dei prodotti casearii. Una Direzione di Casello troverà aperto sempre un conto corrente colla medesima, e le provviste di zangole perfezionate, di recipienti a raffreddamento, e se vuolsi di spannatrici centrifughe ecc. si possono fare a contanti e godendo di tutti que’ procenti, che vengono offerti dalle ditte fabbricatrici. I pagamenti poi alla Cassa rurale si possono fare alla spicciolata senza quasi accorgersi, o con poco sensibile sconcerto dell’azienda sociale.

Un terzo modo, ed un’altra felice conseguenza la avremo dalla Cassa rurale coll’usufruire le nostre malghe in via cooperativa invece che alienarle a gente forestiera, la quale esporta dalle nostre montagne non rare volte pingui guadagni mercè la nostra inerzia. Noi vediamo dei mandriani capitati tra noi, illetterati, senza gran mezzi pecuniari, anzi in qualità di semplici vaccari o casari, divenire poscia affittuali di malghe e perfino gran signori. È storia di ieridì. Dunque nelle malghe ci deve essere un buon cespite d’entrata, e noi dobbiamo sfruttarlo per noi e non lasciarlo che vada ad ingrassare un terzo qualunque. Ma come si fa? Ecco subito combinato. I possessori di bovini e specialmente di vacche di un paese, si uniscono assieme, nominano tra loro alcuni, che valgano a dirigere l’azienda, e levano all’incanto o dietro semplice offerta la malga o le malghe del proprio Comune e quivi mettono le loro vacche ad usufruire l’erba, ed il ricavato del burro e del formaggio, detratte le spese relative, si divide in proporzione del latte fornito dalle singole mucche. In una parola si continua a lavorare il latte in comunione come si fa al Casello del paese, e ne verrà che tutto il guadagno non passerà ad un estraneo, ma resterà in paese. La Cassa rurale c’entra in questo perchè vi somministrerà il danaro in antecipazione per le spese occorrevoli e se vi sarà anche la Famiglia cooperativa, assieme a quella vi somministrerà il vitto per gli uomini di malga e vi smercierà il burro che discende da quella. Dove poi si appalesa ancor più l’utilità della Cassa rurale sarà sullo smercio del formaggio. Quando si scarica la malga per lo più si usa, vendere il formaggio ancora fresco ed a quel prezzo qualunque che corre.

Avete in paese la Cassa rurale? Allora se il prezzo corrente della piazza vi accomoda, si fa tosto la vendita; non accomoda? Allora si tiene per momento più propizio e col vostro capitale di formaggio troverete sempre altro capitale di denaro presso la Cassa per distribuirlo ai soci di malga che lo desiderassero.

Don Mentore vi può anzi dire d’aver già provato questo modo di utilizzare le malghe del paese, dove abita, e l’esperienza di due anni lo autorizza a divulgarne la pratica anche altrove.
            Tanti che affittando le loro vacche non avrebbero ottenuto al sommo 20 fiorini l’una, col mandarle in malga in società n’ebbero più di 30. Dunque Experto crede Ruperto.

Circoli sociali.

Dove esiste una Cassa rurale, e cammina appuntino giusta gli scopi segnati nello statuto e voluti dai primi fondatori di queste provvide istituzioni, riesce facile ogni altra associazione utile al popolo. Da noi pur troppo c’è inveterato il vizio di frequentare le bettole, non tante volte per semplicemente bere il vino, quanto più, come si dice, per passare un’ ora alla sera o nei giorni festivi in compagnia di qualche amico, e farvi una partita. Ma quante volte un semplice divertimento non diventa, come diventò, un vizio ed un vizio dei più rovinosi per la salute del corpo e dell’anima? La Cassa rurale è capace di ovviare anche a questo, almeno indirettamente. E come mai? Subito detto, se non subito fatto. Vicino alla sede della Cassa, ovvero nel paese in luogo qualsiasi, si prende in affitto un locale, possibilmente spazioso, nel quale si possono tenere le adunanze sociali della Cassa rurale medesima e che possa servire anche di circolo sociale. In questo luogo adunque non vi potranno avere accesso, oves et boves et universa pecora, cioè gente d’ogni fatta, ma solo i soci della Cassa rurale e se vuolsi della Famiglia cooperativa. Esso sarà fornito dei mezzi di riscaldamento e di illuminazione, di tavoli e sedie; e poi? Anzi tutto di buoni libri e giornali cattolici e patriottici, ed in specie di quelli che trattano ex professo della cooperazione rurale nei suoi modi più efficaci, che insegnò il progresso di questi ultimi tempi. Assieme alla lettura, succederà la conversazione gioviale e caritatevole quale sa farla, se vuole, il nostro popolano. E giuochi? Anche il giuoco non sarà proibito, ma anzi da un giusto regolamento ben diretto, escludendo sempre giuochi d’azzardo e triviali. Per fondare simili circoli non occorrono nè statuti nè costituzioni legali o simili burocratismi; basta una buona volontà di passare un’ ora giovialmente ed utilmente, e questa volontà sia segnata in nero ed attaccata alle pareti del locale per norma di tutti. E le spese per tutto ciò? Possono essere benissimo supplite colle rendite della Cassa rurale, o suddivise fra i frequentatori del circolo, o messe come introito nelle perdite e vincite de’ giuochi sociali. Conosco de’ simili circoli sociali anche tra noi, nati spontaneamente dall’acume de’ nostri alpigiani, od importati d’altrove a cagione del nostro emigrare, ma un circolo sociale figlio della Cassa rurale, come lo vorrebbe Don Mentore, non esiste ancora in tutta forma, ma verrà e presto e chi sa che questa chiacchierata non diventi il colpo di grazia per la nascita sua e di molti altri? Sarò un ottimista? Sia; quante volte, e perfino da persone altolocate m’ebbi del pessimista! Vuol dire che nel caso faremo una patta e finirò, dal pessimo all’ottimo, col camminare nel giusto mezzo.

Conclusione.

Conchiudiamo dunque col dire che la Cassa rurale per me, e vorrei che lo fosse anche per tutti i lettori, è l’istituzione più utile, più moralizzatrice che possa esistere in un paese cattolico dopo la chiesa e la scuola. – Ciò si manifesta non solo dai vantaggi diretti, ma ancora da quelli indiretti, che sopra ho enunciati almeno in parte. I nostri fratelli del Reno in prima, poi della Germania, e dell’Italia furono più pronti ad intenderli, e si affrettarono a moltiplicare le Casse rurali.

I congressi cattolici, i Vescovi, perfino il regnante Sommo Pontefice furono larghi di encomii per i promotori delle medesime, in esse scorgendo non solo il miglior mezzo di aiutare efficacemente il figlio della gleba, ma l’argine ancora contro la fiumana irrompente del socialismo moderno.

Dunque? Dunque noi trentini, posti quà tra il Sud e il Nord, ai quali non manca nè la calda iniziativa degli italiani, né fa difetto la posatezza de’ germani, dobbiamo pur noi franchi e risoluti incamminarci per la nuova via, che ci addita la Providenza. Don Mentore sta invecchiando ormai, è nientemeno fra i giubilati; ah potesse vedere in tutti i paesi della sua patria diletta, accanto alla chiesa ed alla scuola, anche la Cassa rurale!! Novello Simeone canterebbe volentieri il Nunc dimittis, sicuro che Domine Iddio lo accoglierebbe nei riposi eterni; perdonando tante sue colpe per aver fatto ai suoi fratelli ed al natio loco della vera carità col farsi senza meticolosità propugnatore delle Casse rurali.

Per finire.

Verba movent, exempla trahunt. Altre volte illustrava le mie chiacchierate con degli esempi pratici. Ma questa volta ho pensato di ommetterli. Che volete? Erano talmente pratici quegli esempi, che si pretese vedere in quelli designati degli individui viventi in carne ed ossa sotto la cappa del cielo! Ci furono di quelle buone lane che perfino consultarono avvocati e legali per farne un crimen laesae! Dunque esempi questa volta no, e lasciamo in pace tutti i Caji ed i Sempronii, che da noi non esistono, assieme ai Nane, ai Toni, ai Beppi, ai Gigi, ai Bortoli ecc. che esistono ed esisteranno finchè piacerà a Colui ch’è padrone della vita e della morte.

Solo preghiamo assieme il Datore d’ogni bene che ci lasci vivere ancora per far del bene tanto ai nostri fratelli che ci amano e compatiscono, come a quelli che ci vogliono male e ci manderebbero venti volte al giorno a… patrasso! Dunque, amici tutti, arrivederci ad altro anno!

Don Mentore.

Soggetto produttore:“Almanacco agrario pel 1896”, pp. 161-169
Data:1896
Pseudonimo:Don Mentore
Descrizione:Articolo riguardante le società cooperative rurali, (cooperative, casse rurali, cantine sociali, società di caseificio e pastoreccia, circoli sociali), le relazioni tra questi enti e le conseguenze positive a livello economico e morale.