Lomaso, 3. (Continuazione.)

Mene. Che te ne pare di questo mio vino?

Pippo. Eccellente! E quel che importa ancor più, ben fatto e ben conservato… E dunque? che cosa ti disse il signor presidente ancora riguardo ai prati ed al bestiame, ecc?

M. Mi disse che noi sbagliamo la coltura dei nostri fondi; perchè noi abbiamo la smania di far campi dei prati, mentre al contrario dovremmo far prati dei campi, chè solo in questa maniera con minor spesa e fatica avremmo migliori prodotti e più bestiame bovino, il quale, si voglia o non si voglia, è sempre quello che ci porta con più costanza il danaro in casa.

P. A dir vero, anche qui io sono perfettamente d’accordo col nostro presidente.

M. Ma allora, se facciamo tutto prati, dove semineremo il frumento, dove il granturco, e come avremo la farina da far pane e quella da far polenta?

P. Nella stalla avremo tutto. Coi denari che si ricavano da quella vedrai che si avrà pane e polenta da far stare la famiglia contenta. Anzi la farina che compreremo sarà molto più bella e buona di quella fatta coi nostri grani, fosse anche di quella ungherese.

M. Oh! questa poi non te la passo nè cotta nè cruda. Vuoi metter il nostro giallo della campagna qui tra Vigo-Campo-Dasindo con quello ungherese? Qual sproposito mi dici?

P. Ebbene, sia pure, ma questa è il meglio della campagna ad uso polenta, mentre nel resto della campagna, alle sponde e dentro dentro fino ai Dalli ed alle Vacchere, ti pare quella una polenta da cristiani? starebbe meglio in bocca ai porci, chè a quelli la pellagra non fa male.

M. Ti concedo che qualche annata in que’ luoghi il grano non matura bene; però in quest’anno è riescito a perfezione, e così…

P. Perchè è una eccezione che conferma la regola, e perciò io sto col nostro presidente coll’affermare che nella gran maggioranza delle nostre campagne deve essere sbandito il grano turco ed essere surrogato da prati artificiali.

M. Si fa presto a dirlo!

P. Ma non ci vuole neppur un secolo a farlo. Non ce lo insegna chiaramente l’Almanacco agrario? Basta sopraseminare nei campi a frumento, in primavera, il trifoglio, o l’erba spagna, od il miscuglio conforme alla qualità del terreno, appena tagliato il frumento, e il prato è bello e fatto senza nissuna altra fatica al mondo.

M. Lo facciamo bene in tanti campi, e se dai un’occhiata alla nostra campagna te ne accorgi subito in confronto di anni fa.

P. Vero, c’è bel progresso, ma dobbiamo andare innanzi ancora.

M. Seminare dappertutto trifoglio, o miscuglio come vuole il presidente non è vero?

P. Sior sì; proprio dappertutto. Intanto noi qui dobbiamo bandire affatto il grano saraceno o formentone, perchè primo non riesce da noi, come altrove, e secondariamente perchè ci dimagrisce i campi. Invece seminiamo nel frumento il trifoglio: questo ci porterà un prodotto ancora discreto entro l’anno, purgherà i campi dalle male erbe, e l’anno dopo si faranno quattro falciature o segate, e se proprio si volesse mettervi il giallo, questo riuscirà bene anche senza ingrasso.

M. Veramente tutto ciò l’ho provato io stesso.

P. E poi, con queste erbe dei prati artificiali, non sai come si viene a condire assai bene anche i paboli scadenti? La paglia che noi ora mandiamo a Trento per pochi soldi, tagliata e mescolata in gran masse con trifoglio ed erba spagna, diventa un cibo omogeneo, succulento tanto per vacche che per buoi, e così con men fatica si avrebbero alla fine d’autunno tali mucchi di foraggio da mantenere il doppio di bovini che al presente.

M. Però costa anche questo lavoro, e le sementi da prato sono care abbastanza, e quelle della vostra agraria poi sono ancora più care!

P. Cioè? Come?

M. L’anno scorso si vendeva giù alle Arche il trifoglio appena 50 soldi il kg; e voi altri del Consorzio lo avete fatto pagare più di 60 soldi.

P. Ma hai veduto poi l’esito? Il primo non è spuntato neppure per metà, e quello che attecchì era pieno di cuscuta (lova) in modo che ora ha mezzo rovinato i campi. Il nostro invece è nato tutto, netto come un pomo, e dopo un anno è ancor là fresco come una rosa e fitto in tutto il campo. Quale dunque fu più a buon mercato?

M. È vero, a conti fatti, il vostro più caro è a più buon mercato. Pare una stramberia, ma è pure una verità!

P. Per parte mia non abbandonerò mai il Consorzio in queste provviste, perchè qui sono sicuro, essendo le sementi tutte provinate e garantite prima; anzi voglio pregare la Direzione della nostra «Famiglia cooperativa» che ne faccia provvista di alcuni quintali per qualità a favore dei soci.

M. Quasi, quasi, mi farei socio anch’io, giacchè vedo esservi alla fine buon interesse a farlo. . . ma bevi, cospetto di bacco, non ti piace più?

P. Eccellente, ti dico, ma. . . sono le 5. . . e per l’Ave Maria devo essere a casa. . .

M. Un bicchiere alla staffa . . . . . e guarda di lasciarti vedere ancora, chè mi fai sempre un piacerone.

P. Il piacere sarà mio; data l’occasione non mancherò… dunque grazie ed arrivederci; i saluti alla comare.

Mene-Pippo.

Soggetto produttore:“La Famiglia Cristiana” n. 16
Data:08/02/1893
Pseudonimo:Mene Pippo
Descrizione:L’articolo in forma di dialogo tratta l’argomento dell’aumento delle zone prative rispetto a quelle coltivate allo scopo di migliorare l’allevamento del bestiame bovino.