Ieridì, come vi annunziava, fu tenuta sessione al Ponte delle Arche per corrispondere alla Circolare della ecc. Giunta prov., in data 8 ott. p.p. Il presidente del Consorzio Agrario distr. di S. Croce, M. R. Don G. B. Lenzi, apriva la seduta ad ore 1 ½ pom., presenti 14 Capi Comuni del Distretto, o loro sostituti e 12 delegati consorziali.

            Prende la parola lo stesso preside, e constatato con piacere che tutto il Distretto è rappresentato completamente e che la sessione è in piena legalità, espone l’importanza dell’oggetto da pertrattarsi, sul quale ognuno è liberissimo di esporre le proprie idee schiettamente, sicuro che nissuno arriverà ad esagerare la gravità della situazione. Annunzia che la presidenza consorziale, assieme al delegato Don Guetti, studiò la cosa e ne fece relativo rapporto, ed invita il referente stesso a preleggerlo. Pria di ciò fare si legge la Circolare della  Giunta, che è del seg. tenore. (Vedi Voce Catt. N° 136, pag. II. È superfluo aggiungere che ci toccò moderare qualche espressione un po’ compromettente del dettato, senza però che ne scapiti il senso. N. d. R.).

            Preletto dal referente consorziale un elaborato in proposito, fu accolto dall’assemblea con unanime soddisfazione, e dopo viva discussione, a cui ognuno de’ comparsi contribuì con gran materiale di lamentati inconvenienti, originati dalla legge sul casatico, si venne alla conclusione del seguente rapporto, firmato da tutti i comparsi, coll’apposizione de’ rispettivi timbri.

            Eccelsa Giunta Provinciale!

            Non è la prima volta che da questa valle partono forti lamenti pel gravissimo peso addossato con la legge 9 Feb. 1882, colla quale si colpivano d’enorme imposta tutte le abitazioni di questi poveri valligiani. L’eco straziante di quelli si ripercosse pure nelle aule di codesta Ecc. Giunta ed Ecc. Dieta Provinciale, le quali, facendo propri i lagni d’un popolo intiero, innalzarono già urgenti istanze alle superiori Autorità per togliere o diminuìre d’assai tanto malore portatoci da legge sì amara. Ma ahi! sventura. Fin qui fu lavoro vano, come ne avvisa la Circolare di cod. Ecc. Giunta di data 8 ott. pp.

            Che cosa ora ci resta a fare?.. Sono già quattro anni che questa dura legge va premendoci colla sua ruvida mano; non s’ arrivò ancora alla metà della sua tassazione, e già questa ci opprime fuor misura. Pria che manchi la voce per soffocazione, i sottoscritti, Consorzio Agrario e Comuni, rappresentanti il Distretto di Stenico, s’affrettano viribusunitis ad innalzare a codesta Ecc. Giunta un’ ulteriore vivissima protesta ed istanza contro la legge in parola, urgendone l’abolizione od un radicale cambiamento, nel senso che saran per dire in fine di questo scritto.

            Che sia dovere del suddito concorrere al pagamento de’ pubblici balzelli, è cosa naturale e giusta, e giammai si rifiuterà dal farlo un suddito cattolico, mentre questo dovere gli è comandato dal Vangelo stesso. In una società ben ordinata, ricavandone il suddito de’ vantaggi, deve pure portarne i pesi relativi, senza di che la società stessa non potrebbe sussistere. Ma onde detta società sussista fiorente, devono i pesi essere giustamente scompartiti tra’ sudditi giusta i vantaggi che ne percepiscono, ed ove ciò non avvenga evvi a temere dell’esistenza stessa di quella società.

            Ora come sta la cosa con noi abitanti delle Giudicarie esteriori e sudditi di quest’Impero Austro-Ungarico?

            Se nei passati tempi, quando questa valle era soggetta al paterno regime de’ Principi Vescovi Trentini, e perciò più vicina al centro del governo, era pur considerata in posizione difficile per godere i comuni vantaggi della sudditanza Principesca, tal che i P. Vescovi, per non mancare all’equità ed alla giustizia, sentivano il dovere di dare sempre privilegi importanti a questa popolazione, ognora eroicamente fedele; uno de’ quali era ognor quello di ritirare senza dazio i grani dall’ Italia; ed ancora tassavano per lei in minor grado le pubbliche contribuzioni; – che cosa dovrassi dire ora, che, sebbene soggetta questa valle ad altro paterno regime, quello degli Asburgo, ne sta lungi dal centro del governo assai più, e senza alcuno de’ favori e vantaggi d’allora?

            Anzi, nel mentre altri popoli ed altre valli del medesimo Stato o provincia si ebbero sommi vantaggi o con vie di communicazione o con istituti industriali od altro, a tutte le spese dell’erario, questa valle e questa popolazione se volle gustare languidamente un po’ i vantaggi di questo governo, dovette a tutte sue spese, lavorando contro natura e con ingenti sacrificii aprirsi questa strada del Limarò, la quale, e pegli enormi debiti contratti nella costruzione e per le gravissime spese di manutenzione, sta là ancora incubo fatale e monumento d’un popolo dimenticato!

            Non vogliamo quindi per nulla accentuare i mediocri vantaggi che sono dati a noi giudicariesi da questa unione; a noi, che, vivendo ed abitando su quest’estremo lembo di confine austro ungarico, siamo costretti per posizione topografica, per lingua e costumi a ricorrere al limitrofo governo italiano per quasi tutti i generi necessari alla vita, emigrandovi ancora nei mesi invernali con numeroso contingente; solamente facciamo osservare che, dopo i vantaggi provenienti dalla emigrazione temporanea in Italia e da quella recente all’America, tutta la nostra entrata sta nell’Agricoltura e Pastoreccia. Potrebbesi aggiungere l’industria bacologica; ma questa, essendo difficoltata appunto della meschinità delle nostre abitazioni, ci ridonda più in danno che in vantaggio, diminuendo il prodotto de’ campi con l’ ingombro de’ gelsi.

            Ora come contadini e possessori di campi e prati noi concorriamo già grandemente, per non dire enormemente, ai pesi del pubblico erario, e l’imposta fondiaria sola esaurisce d’avantaggio gli utili che noi, poveri servi della gleba, abbiamo dallo Stato. Aggiungesi a ciò che l’entrata de’ campi e de’ prati resta inferiore al possibile, ancora perché questi non possono essere intieramente e ben coltivati causa le braccia mancanti di tanti giovani robusti, rapitici in gran numero dalle esigenze della milizia; altro gravissimo onere che gravita in modo speciale i figli del popolo agricolo. Venendo perciò meno le rendite interne de’ campi e de’ prati, ed aumentandosi invece i pubblici balzelli, avvenne ultimamente una forte emigrazione all’America, e questa aumentossi rapidamente dopo introdotta la legge sul casatico, così che ora abbiamo oltre 700 individui al di là dell’ Oceano. Volendosi quindi con la legge 9 feb. 1882 estendere l’imposta casatico alle abitazioni dei contadini della Provincia tirolese, e specialmente a noi, poveri paria del Trentino, è cosa che sembra sorpassare i confini dell’equità e della giustizia. E valga il vero. Che cosa sono le case del nostro popolo? Sono un piccolo accessorio de’ nostri campi, de’ nostri prati, e sono ancora un accessorio necessario per unirvi le magre raccolte, per alloggiarvi quegli animali che tramutano queste in alimento per l’uomo ed in concime pel suolo, onde possa fruttare in avvenire. Senza quest’abitazione adunque l’uomo non può vivere per lavorare la terra, e questa non può essere concimata e resa fruttuosa. – Ma in questa abitazione, ma in questa casa agricola o rustica, come si voglia chiamare, vi abita il contadino con vantaggio, con utile, e quindi ne paghi il pro cento; così la legge. – Si, in questa casa abita il contadino, ma vi abita per non morire sotto la rigidezza delle stagioni e delle intemperie; vi abita, ma per vivere e rendere fruttuoso quel campo e quel prato che paga già una grossa imposta; vi abita il contadino, ma in ordine secondario ai luoghi ove ripone le sue raccolte, ove tiene le sue bestie; si, vi abita, ma non come padrone in luogo indipendente, sì bene come servo de’ suoi campi, come guardiano de’ suoi animali! Non lo si crede? Si venga a vedere, non già cogli occhiali e lenti ingrandienti, come pur troppo le ebbe avute la Commissione steorante; ma con giuste bilancie, e la più semplice occhiata a queste abitazioni del contadino basterà a provare che la parte minore, anzi diciamolo pure, la parte più triste è riservata all’ uomo. Oh! Condizione miserabilissima del contadino. Egli pure sente d’essere uomo; si sente fatto da Dio qual re del creato, ma ahi! che tristi vicende, per colpa d’altri uomini, lo costringono ad avvilirsi sotto il livello delle sue bestie! Assieme alle stesse deve, onde poter vivere, curvarsi oltre il bisogno al lavoro d’ingrata terra, con sudore continuato; tuttavia egli lo fa volentieri, perché comando del Creatore; e siccome ciò non è ancora sufficiente alla vita, è costretto di contentarsi di un buggigatolo qualunque della sua abitazione per lasciare maggior largo ai suoi animali, onde gli possano dare altro cespite d’entrata, e questo pure lo fa senza lamento. Ma quando questo buggigatolo, questo luogo qualcunque, che una Commissione fiscale vuol chiamar stanza o camera, ove appena egli può reclinare in qualche modo le stanche sue membra, viene colpito da grossa imposta, non può più tacere rassegnato, e nella sua indignazione va esclamando: Ah! si faccia libertà perfetta. Si consideri addirittura quest’uomo perfetto animale, e come si esonera dal casatico la stalla, se ne esenti pure la tana del contadino!…

            L’Imperatore Giuseppe II, nella legge sul casatico del 1788, escludeva giustamente fino dal 1° § “le case de’ contadini e di altri campagnuoli che vivono soltanto d’agricoltura ed economia rurale” quel regnante riformatore ebbe a lamentarsi in fine di vita che nessuna delle sue buone intenzioni ebbe esito felice; e fu profeta, perché andò a male anche questa.

      Si accentua in questo tempo, e frequentemente anche nelle aule legislative, il bisogno di venire in pronto soccorso alla classe agricola ed operaja; si cercano i mezzi onde scongiurare questa crisi acutissima che travaglia non solo l’ Austria ma l’Europa intiera; ed è forse col casatico che si dà principio al rimedio?…

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            E quali tristi conseguenze invece provengono da questa legge dal lato patriottico, morale, igienico, economico! Accenniamone alcune.

            Primo inconveniente, che s’affaccia all’ occhio dell’ osservatore, si è un nuovo e gravissimo malcontento del popolo, e tale che sgraziatamente diminuisce quel patriottismo sincero, generoso e tradizionale che fin qui fu suo vanto speciale.

            Ma col patriottismo ne soffre assai anche la moralità. Con questa legge si venne a restringere le già troppo scarse ed anguste abitazioni del popolo, e, se già prima era a lamentarsi che tanti e tanti adulti, e di sesso diverso, dormissero in uno stesso luogo, che cosa si dovrà dire ora dopo tale legge? D’altra parte qual nuova pericolosa occasione a setterfugi, a menzogne per evitare il gravoso peso delle affittanze, che, facilmente scoperte, portano gravissime conseguenze tra accusatori ed accusati?

            E dalla parte dell’igieneevvi nulla a lamentare? Fin qui, cominciando dalle prime scuole popolari e su su fino alle catechesi del Paroco, s’inculcavano al popolo le più saggie teorie e le più utili pratiche d’igiene, raccomandando in ispecial modo la pulitezza e la ventilazione, delle abitazioni, la moltiplicazione ed estensione de’ dormitorii, onde evitare la fermata dell’aria viziata ed averne in abbondanza di buona pel numero sempre crescente degli inquilini ecc. ecc. Venne ora la legge sul casatico e distrusse tutto questo progresso igienico. Per non moltiplicare il tasso imposto, si limitò lo spazio abitabile al di sotto dello stretto bisogno, ed ora tutto s’agglomera, tutto si rinserra in numerati locali; in uno stesso luogo trovansi e letti per dormire e casse delle granaglie ed indumenti sudici in ripostiglio e frutta maturanti e frugi in fermentazione; è miracolo che i casi per asfissia non sieno frequenti e le epidemie in permanenza. Oh! Venissero i legislatori in queste povere stamberghe, esaminassero e considerassero il tutto; vi abitassero anche un sol giorno, e non uno, ma mille troverebbero motivi per abolire questa legge od escludere almeno dalla stessa le abitazioni di questo popolo, che troppo soffre, perché troppo paga…

            Per avere una languida idea degli sconcerti economici che porta l’imposta casatico a questo Distretto, basteranno questi semplici dati statistici. Un piccolo comune di questa valle, di anime 800, che ha esclusivamente miserabilissime case di contadini e ancora coperte quasi tute a paglia, in quest’anno 1886 paga di casatico i seguenti importi:

sulla Imposta diretta          fior.     63.46

   „   Provinciale d’esonero   „         14.62

   „   Comunale al 300 %      „         190.38

                                               ––––––––––––

                              in tutto fior.    268.46.

            Osservando che in altri comuni è molto maggiore il tasso diretto e l’addizionale, pure, seguendo la stessa proporzione, in tutto il Distretto di Stenico avremo in quest’anno di puro casatico:

sulla Imposta diretta  – fior.  961.26

   „    Provinciale        –   „     221.08

   „    Comunale         –   „     2963.78

                                               –––––––

    quindi un totale di fior.     4146.12

            Al termine della tassazione poi, che sarà nel 1893, restando ferme le proporzioni, il sopraddetto Comune pagherà un totale annuo di fior. 894 in cifre rotonde, e tutto il Distretto la somma di annui fior. 13.420; dunque un testatico pesantissimo di fior. 1.10 per ogni individuo. Si ripete che ciò è molto inferiore al vero, perché nel calcolo si prese una media assai bassa, ma ciò deve bastare a provare quanto grave sia dal lato economico questa nuova imposizione.

            Infine anche il modo di esazione di quest’imposta ha dal dannoso ed odioso. Intanto la legge prescrive che dove più inquilini abitano sotto un sol numero di casa, debba pagare quegli che ha maggior numero di abitazioni, ed, a parità, uno qualunque, tutto l’importo tassato della casa sotto quel numero, lasciando al pagatore il diritto di rimborso verso gli altri inquilini; ciò porta gravissimi sconcerti e dispiaceri che è facile immaginare. Ma anche il tempo dell’incasso a 4 rate, con le rispettive minaccie esecutive, è per noi di non lieve imbarazzo. Ammesso che questo povero popolo avesse a quelle epoche il danaro sufficiente, scompartendolo in 4 rate, ne risulterebbe più facile il pagamento. Ma ciò è impossibile da noi. Due sole sono le epoche nelle quali il nostro popolo può numerare qualche scarso danaro, cioè il luglio al raccolto de’ bozzoli, ed in novembre a raccolto generale finito; il pretendere pagamenti in altre epoche, senza la benignità dell’esattore, è un voler fare accrescere il cumulo di quegli enormi debiti che già gravitano sulle realità agricole.

            S’aggiunge inoltre che l’epoca pel pagamento dell’imposta casatico, della fondiaria, dell’industria, e della rendita diversificano intieramente ed in modo che ad ogni ora ed ad ogni momento il povero contribuente deve esser lì con la borsa in mano. Vedansi a conferma del vero le epoche prescritte da noi per le singole contribuzioni:

Imposta Casatico :  1° feb.,            1° mag.,

                                  1° ag.,             1° nov.

     „     Fondiaria       2 feb.,              30 giug.,

                                 25 lugl.,           30 nov.

     „     Industria        1° gen.,          1° lug.

     „     Rendita         31 mar.,          30 giug.,

                                 30 sett.,           31 dic.

            Se il contribuente possedesse i tesori di Creso, troverebbe il modo di soddisfare alle singole e ripetute chiamate dell’ esattore; ma con la borsa esausta come volete pretendere che possa fare il dovere, non ogni volta, ma il più delle volte? Quindi al pubblicarsi le scadenze delle gabelle (e ciò avviene quasi ogni mese) si odono ripetute lagnanze contro queste tasse di nuovo genere, e, rigettando un sì fatto progresso europeo, questo popolo sospira l’America ed attende con ansia affannosa quel dì che può solcare il mare pur contento di liberarsi una buona volta da questo eterno ritornello di pagare e pagare e sempre pagare.

            In vista di tutto ciò e ad evasione della Circolare di cod. Ecc. Giunta 8 ott. p.p., in nome dei loro rappresentati, i sottoscritti fanno le seg. proposte:

            1°. Che l’ Ecc. Giunta, assieme all’ Ecc. Dieta, propongano d’urgenza all’i. r. Governo l’abolizione, per il nostro paese, della legge sul casatico, sì che si ritorni all’epoca meno triste, antecedente ai 9 feb. 1882.

            2°. Ciò non ottenendo, che almeno venga fatta una riforma di detta legge nel senso che dall’imposta casatico per classisienoescluse le case de’ contadini e di altri campagnoli che vivono soltanto d’agricoltura ed economia rurale, e che dall’imposta casatico per pigioni vengano eliminate quelle affittate o date ad abitare a contadini ed agricoltori, e sieno poi esenti da imposta qualunque quelle abitazioni disabitate, o che solo vengono abitate la minor parte dell’anno.

            (Seguono 15 timbri, con 29 sottoscrizioni)

            Ultimato con ciò il compito della Sessione, il Presidente fa vedere l’importanza di queste unioni comulative, ed offre assai volentieri l’opera del Consorzio ogni qualvolta i Comuni la crederanno utile o necessaria; e ringraziando tutti i comparsi, chiude la sessione ad ore 4 pom.

            E cosi pure chiudo anch’io questa lunghissima corrispondenza, facendo voti che non sia voce al deserto, e promettendo di farmi vivo ancora.

R.

Soggetto produttore:“La Voce Cattolica”, n. 138
Data:27/11/1886
Pseudonimo:R.
Descrizione:L’articolo riporta il verbale della seduta del Consorzio Agrario Distrettuale di Santa Croce convocato per discutere e prendere provvedimenti contro l’imposta sul casatico.