Giudicarie. 15 gennaio. Per fausta combinazione tengo sott’occhio il referato della seconda Commissione parlamentare, che nella Camera italiana fu scelta a rivedere il disegno di legge proposto da quel Governo per ordinare la caccia. Ripeto: uccellatori allegri! – Dopo tanti e così madornali paradossi, che abbiamo sentito ripetere od in seno a Congressi o da una stampa servile o venduta a Governi non troppo illuminati, finalmente possiamo anche noi respirare, trovandoci innanzi ad un atto pubblico, nel quale la questione dell’uccellazione viene svolta con vedute larghe, vere, e quello ch’è più per noi, pratiche per eminenza. Siccome questo fatto consolante riguarda non poco noi pure, eccone la breve storia.

Nel giugno 1879, il Ministero di Agricoltura proponeva alla Camera italiana da esaminare un disegno di legge per la caccia; disegno siffattamente spropositato, che già colla terza linea lasciava trasparire nei legislatori, che lo avevano affastellato, una profondissima ignoranza dei rapporti che sussistono fra i diversi ordini della natura, ed una assoluta noncuranza delle condizioni economiche del paese ch’essi erano chiamati a governare. La Camera elesse tosto una Commissione, affidandole l’ufficio di studiare e riferire su quel ridicolo disegno. Ma ahi sventura! Gli Onorevoli, scelti a formare detta Commissione, tanto in fatto di scienza naturale, come del modo con cui si governa l’uccellazione e dei risultati che produce, furono degnissimi di imbrancarsi nel gregge illuminato dei funzionarj che aveano confezionato quell’infelice disegno di legge. Ne sortì quindi una Relazione quale si dovea aspettare, cioè lontanissima da ogni dettato della vera scienza e contraria ad ogni verità di fatto.

L’affare per noi uccellatori era molto serio! Se la Camera italiana avesse votata la legge giusta le mire e gli intendimenti di quella prima Commissione, che cosa non avrebbero poi fatto i nostri padroni in Austria? Con quel cumulo di pregiudizi che portano in corpo per conto ad uccelli (parenti delle capre!), e con quella bella disposizione che hanno di renderci un piacere, ogni qualvolta possono, avrebbero finito di proibirci anche quel poco che ora abbiamo d’uccellazione, e ci avrebbero rimandati anche in autunno a Pitagora ed alla scuola vegetariana rimodernata, che loro consigliano, ma non seguono! Fortuna che non tutti furono muti al pericolo sovrastante. Ma pronto v’accorse un nostro bravo compatriotta, il Sacerdote Don Giovanni Salvadori, il quale in un opuscolo, serio anzichenò, e tutto appoggiato alla scienza ed all’osservazione, con una logica stringentissima mise alla berlina e Governo e Commissioni, mostrando come l’uno e l’altro sono privi delle più rudimentali cognizioni che si richiedevano per levarsi a legislatori e consiglieri in questo argomento. Quest’opuscolo non v’ha dubbio fu letto ed applaudito dagli uccellatori del Trentino, e lo conoscono già i lettori della “Voce”. Ma essendo dedicato ad un Deputato qualunque della Camera italiana, girò tutta l’Italia, si fè largo perfino nei consigli parlamentari, ed ebbe il suo felice esito. Una nuova Commissione venne eletta a rivedere l’operato della prima; e, sia che abbia trovata giusta la teoria e veri i fatti prodotti dal nostro concittadino, sia che non le tornasse unto di sentirsi scrosciare addosso una nuova e meritatissima gragnuolata, che le era stata eventualmente promessa, questa seconda Commissione trovò ben parso di sconfessare affatto le fantastiche visioni degli onorevoli della prima, e si mise invece con franchezza nelle idee del nostro autore. Eccone un saggio:

Mentre i membri della prima Commissione, nella loro antidiluviana ingenuità ed ignoranza, stavano a prendere in protezione persino i passeri, questi della seconda si mostrano tutt’altro che disposti a riconoscere negli uccelli quei benefattori, che da alcuni bonarj fanatici si vorrebbero far credere; e, dando prova di molto senno e di tatto pratico molto squisito, trovarono che queste amabilissime creature sono fatte in prima linea per essere girate sullo schidione, e solo in seconda linea destinate a dilettare le orecchie ben costrutte degli oziosi e dei troppo lautamente provveduti fannulloni. – Onde far veder meglio questo felice rivolgimento, mi piace notare alcuni dei punti controversi; gioverà anche per noi in eventuali contingenze.

La prima commissione avea imperiosamente detto: I lacci s’hanno da proscrivere! Ed il nostro Salvadori ebbe risposto: “Se tanto vi brucia il furore proibitivo, saziatelo proibendo i lacci stesi sul suolo; ma lasciateci liberi di stenderli sui boschetti, perchè tanto vi domandano la scienza, la storia e la giustizia distributiva“. Viene la nuova commissione, e gettando acqua e polvere solubile estintrice sugli ardori scomposti della prima, ci accorda le lacciaie, purchè non oltrepassino l’estensione di un ettaro, vale a dire di 10.000 m2, limitazione della quale può andare soddisfatto non un semplice curato, ma perfino un decano infulato!

Ancora: la prima commissione chiudeva un lungo e confusissimo articolo di legge col motto: “Si proibiscano le passate al fischio e al volo”. Il nostro reverendo, dopo aver mostrato le contraddizioni e l’inopportunità di quell’articolo, conchiudeva: “A che tutto questo inestricabile guazzabuglio? proibite al più le reti verticali mobili, ma lasciate libere le stabili”, e la nuova commissione trovò vero il consiglio del prete (orribile dictu!), e levò l’ostracismo che si voleva infliggere alle reti di passata, lasciandone libero l’esercizio.

La prima Commissione era venuta nello stolido divisamento di consigliare la proibizione di qualunque modo di caccia, quando il suolo fosse coperto dalla neve; ed il nostro valente patriota, canzonando sopra di questa pazza disposizione, domandava: “E ve ne sono altre corbellerie da sentire? Oh che? se ci casca la neve a mezzo ottobre (o il dì d’ Ognissanti, come quest’anno), dovremo noi starcene colle mani alla cintola, o addirittura levare le nostre reti proprio sul più bello dell’uccellare? Quando si è mai sentito che un fenomeno atmosferico serva di base ad un articolo di legge?“ – La nuova Commissione riconobbe la verità dell’appunto, e dispose che solo dopo Il 15 dicembre resti proibito di dare la caccia agli uccelli, se il suolo è coperto dalla neve. Nè di tale disposizione noi ci lagneremo, perché già prima del dicembre, o ai primi dello stesso, come quest’anno, siamo soliti levare i nostri arnesi da caccia e ritirarci nei quartieri d’inverno a pronosticare il futuro.

E per dirne un’ ultima, la prima Commissione voleva aperta la caccia col 1° settembre fino al 1° marzo; il nostro Salvadori mostrava invece, come l’economia, messa in accordo colla scienza, consigliava di anteciparne così l’ apertura come la chiusura, fissando per quella il 15 agosto e per questa il 1° febbraio. – La nuova Commissione accettò il consiglio, e fissò appunto i detti termini, tanto per l’ apertura come per il fine!

Così sta ora in Italia maturo un progetto, il quale, se arriverà ad aver forza di legge, sarà un buon precedente anche per noi Trentini; perché se colaggiù saranno permessi lacci, civetta, e reti di passata, e se in Italia si darà principio all’uccellazione col 15 agosto, non si vede ragione perchè noi dovessimmo venire accorciati nell’uso delle nostre arti cacciatorie e condannati fino ai 15 settembre e veder passare gli uccelli più saporiti senza poterli pigliare.

Intanto godo aver ricordato ai socj uccellatori che laggiù l’hanno capita la verità! La nuova Commissione non si perdette in vani fervorini, ma battè fisso il chiodo: che gli uccelli costituiscono un ramo non insignificante di economia nazionale; nè con ciò ci si disse cosa nuova, perchè noi lo sappiamo da gran tempo come per le parche nostre cene d’autunno formino essi una sana, nutriente e saporosa sostituzione ad altri corroboanti, cui non arrivano le strettezze del nostro borsellino. E se la legge in Italia verrà votata, quale viene consigliata dalla nuova Commissione, vorremmo noi credere che i nostri padroni d’Innsbruck, e quelli più fuori di Vienna, vorranno durarla ad essere generosi coi sudditi del Governo Italiano sì da obbligar noi a stare un mese di più in Quaresima, onde quei di laggiù abbiano ed il vantaggio ed il divertimento di far più larghe le loro prese? Tanta durezza non dovremmo supporla; ma speriamo che i nostri moderatori ci renderanno eventualmente giustizia, e faranno per noi quello che gli altri Governi fanno per i loro sudditi, e finiranno di obbligarci a praticare una generosità per la quale non ci sentiamo menomamente disposti. Essi ci parlano sempre di accordi internazionali . . . . . . staremo a vedere che antifona prenderanno a cantare, quando l’Italia avrà la sua legge sull’uccellazione! Intanto un mi rallegro di cuore a Don Salvadori pel felice esito del suo opuscolo, e ciò gli sia d’ incorraggiamento a proseguire anche in questo ramo al bene della patria; ai lettori poi della „Voce“ chieggo venia, se gli ho assonnati con questa lunga tiritera; con licenza vostra vi assicuro che non sarà l’ultima volta!

Renzo.

Soggetto produttore:“La Voce Cattolica”, n. 9
Data:21/01/1886
Pseudonimo:Renzo
Descrizione:Articolo riguardante il nuovo disegno di legge sull’uccellagione.